L'assemblea  regionale  siciliana,  nella  seduta  n.  370 del 1-2
 maggio 1991, ha approvato il disegno di legge n. 456-605-908-985-990,
 dal titolo "Nuove norme per l'assegnazione  di  alloggi  di  edilizia
 residenziale  pubblica  e proroga del termine di cui all'art. 2 della
 legge regionale 6 luglio 1990, n. 11",  che  e'  stato  comunicato  a
 questo commissariato dello Stato il seuccessivo 6 maggio 1991.
    Scopo  precipuo  del provvedimento legislativo teste' approvato e'
 quello di apprestare gli strumenti idonei per raggiungere  l'utilizzo
 del  patrimonio immobiliare realizzato con finanziamenti pubblici, al
 fine di disciplinare il  fenomeno  delle  occupazioni  abusive  degli
 alloggi di edilizia residenziale pubblica.
    In  tale  contesto, viene disposto il censimento dei soggetti che,
 alla data del 31 dicembre 1990 "avevano in  godimento  di  fatto  gli
 alloggi  di  edilizia  sovvenzionata,  realizzati  o  acquistati  con
 finanziamenti dello Stato alla regione o  al  comune,  sempreche'  si
 tratti di alloggi per i quali non si e' proceduto all'assegnazione o,
 se  assegnati,  non  si  e'  proceduto  alla  consegna  al  legittimo
 assegnatario" (art. 2, primo comma, del disegno di legge).
    Il provvedimento prevede altresi' che, a  seguito  delle  predette
 operazioni  di  censimento,  siano  individuati i soggetti, occupanti
 detti alloggi, in possesso dei requisiti  prescritti  ai  fini  della
 definitiva  assegnazione  degli  alloggi  medesimi  (art.  5, primo e
 secondo comma).
    Nel caso in cui gli  alloggi  abusivamente  occupati  siano  stati
 oggetto di assegnazione, al "legittimo assegnatario, al quale non sia
 stato consegnato l'alloggio in conseguenza della occupazione abusiva"
 viene   riconosciuto   un   diritto   di  precedenza  per  le  future
 assegnazioni, anche se non incluso nelle relative  graduatorie  (art.
 2, secondo comma).
    Il  legislatore  regionale,  in  sostanza,  dispone l'assegnazione
 degli alloggi popolari a chi ne  detiene  di  fatto  il  possesso,  a
 scapito  del  legittimo assegnatario, che vede ridotto il suo diritto
 alla assegnazione e consegna ad una mera condizione  di  "precedenza"
 per   future,   eventuali  assegnazioni,  anche  se,  invero,  si  fa
 riferimento a graduatoria di assegnazione "generale vigente".
    Cosi' collegate, le sopra riferite  disposizioni  regionali  danno
 adito a rilievi sul piano della legittimita' costituzionale.
    Giova  rilevare, in proposito, che la normativa considerata ricade
 nella  materia  della  edilizia  residenziale  pubblica,  cosi'  come
 definita nell'art. 1 del d.P.R. n. 1035/1972, e ripetutamente oggetto
 di  individuazione  anche  da  parte  di  codesta  ecc.ma Corte, come
 complesso di norme concernenti la prestazione e gestione del servizio
 della casa, comprendente percio'  la  disciplina  degli  alloggi,  in
 locazione  o  in  proprieta',  di edilizia sovvenzionata o, comunque,
 pubblica.
    Pure se strumentalmente collegata ai  settori  dell'urbanistica  e
 dei  lavori  pubblici,  per  i  quali  la  regione  siciliana gode di
 potesta'  legislativa  esclusiva,  la  materia   in   questione   non
 costituisce  oggetto  di  autonoma  previsione statutaria, per quanto
 potrebbe, peraltro con.. .. .. affanno, farsi con molta benevolenza e
 secondo un principio di elasticissima interpretazione, pure rientrare
 tra le competenza di cui all'art. 17, lett. f) - assistenza sociale -
 in relazione alle finalita' (?) che si propone di realizzare.
    Da quanto precede alla regione deriva una  competenza  legislativa
 vincolata al rispetto dei criteri fissati in ambito nazionale; e cio'
 in   considerazione   della   peculiare  esigenza  di  uniformare  il
 trattamento    giuridico    riservato    ai    soggetti     aspiranti
 all'assegnazione degli alloggi.
    Riguardo  allo specifico problema dell'occupazione senza titolo di
 alloggi di edilizia residenziale pubblica, il legislatore nazionale -
 mosso dal medesimo intento di razionalizzare e definire, alla meglio,
 lo spinoso problema - che ora ha ispirato l'assemblea  regionale,  ha
 previsto,  all'art.  53  della  legge  n.  457  del 5 agosto 1978, la
 regolarizzazione dei rapporti locativi con  i  soggetti  occupanti  i
 medesimi   alloggi,   ed  in  possesso  dei  requisiti  previsti  per
 l'assegnazione dal citato d.P.R. n. 1035/1972, subordinatamente  alla
 sussistenza  di  talune  condizioni,  tra  cui  la  circostanza  "che
 l'occupazione non  abbia  sottratto  il  godimento  dell'alloggio  ad
 assegnatario  gia'  individuato  in graduatorie pubblicate a norma di
 legge".
    In caso contrario, la  stessa  disposizione  statale,  richiamando
 l'art.  26  della  legge 8 agosto 1977, n. 513, sancisce l'esclusione
 dal diritto all'assegnazione "nei confronti  di  chiunque  occupi  un
 alloggio  di  edilizia  residenziale pubblica senza le autorizzazioni
 previste dalle disposizioni in vigore".
    Da un confronto tra le sopra riportate norme statali  e  regionali
 emerge    chiaramente   che   la   regione   siciliana   dispone   la
 regolarizzazione dei rapporti locativi con quei soggetti -  occupanti
 (originariamente  senza  titolo  -  per  i  quali  la  corrispondente
 normativa statale prevede non solo  la  impossibilita'  della  stessa
 regolarizzazione  ma  addirittura  la  esclusione da possibili future
 assegnazioni.
    Gli alloggi in questione,  infatti,  in  quanto  gia'  oggetto  di
 assegnazione,  anche  se non si e' proceduto alla effettiva consegna,
 vengono sottratti al godimento del legittimo assegnatario,  al  quale
 non   viene   assegnato  in  cambio  un  altro  alloggio:  gli  viene
 riconosciuta soltanto una posizione di "precedenza" per il futuro.
    Includendo tra  gli  alloggi  oggetto  di  regolarizzazione  anche
 quelli  gia'  assegnati,  nella  sostanza,  il  legislatore regionale
 sembra  avere  operato  una  netta  inversione  nella  tutela   delle
 posizioni  giuridiche soggettive, rispettivamente dell'assegnatario o
 dell'occupante  senza   titolo,   privilegiando   la   posizione   di
 quest'ultimo  rispetto  al  diritto  acquisito dal primo, per di piu'
 garantendogli, con la deroga  di  cui  all'rt.  5,  terzo  comma,  la
 possibilita'  di  fruire  di  una situazione alloggiativa piu' comoda
 rispetto a quella riconosciuta al legittimo assegnatario, in espresso
 contrasto con quanto previsto dall'art. 11, secondo comma, del d.P.R.
 n. 1035/1972.
    Ma anche  dal  punto  di  vista  etico-giuridico  le  disposizioni
 contenute  negli  artt.  2  e  5 - che occorre leggere congiuntamente
 concatenandole - lasciano.. .. ..  amaro  all'interprete  (ed  anche,
 credesi, a chi per avventura dovesse applicarle) ed esterrefatti.
    Chi ha palesemente, e non gia' clam, violato il diritto, la legge;
 chi  ha  fatto  "violenza"  alle  cose ed ai diritti altrui (anche se
 motivato dal bisogno, che puo' costituire solo una attenuante, se del
 caso), viene "premiato"  con  l'assegnazione  dell'alloggio  occupato
 abusivamente  anche  in da'nno di altro cittadino; e non solo questo.
 Gli viene anche consentito, se del caso, di  continuare  ad  occupare
 (dopo legalmente) un alloggio pur se ha un numero di vani maggiore di
 due rispetto alla consistenza del nucleo familiare (art. 5/3º)³
    Chi,   invece,   e'  stato  rispettoso  della  legge,  e  prudente
 nonostante l'assegnazione, subisce "torto" e gli  viene  "conculcato"
 il  diritto gia' acquisito. Perde, difatti, l'alloggio assegnatogli e
 non occupato (fe.. .. ..³, scusino la parola³ Ma altra piu'  acconcia
 al  momento  non se ne trova sul mercato), che viene, di contro, dato
 in  locazione all'occupante di fatto, che glielo ha tolto con.. .. ..
 violenza. In compenso, a ristoro (come suol dirsi oramai  in  Sicilia
 negli   ambienti   politici   della   regione)  -  e  qui  la  grave,
 inconcepibile ingiustizia, la  violazione  di  diritti  ed  interessi
 "quesiti"  -  ottiene,  premio  di  consolazione,  si  direbbe in una
 lotteria, non un altro alloggio  (udito,  udite³)  ma  solamente  una
 "semplice" "precedenza nell'assegnazione degli alloggi popolari anche
 se non incluso nella graduatoria generale vigente ove sia (ancora) in
 possesso  dei  requisiti  previsti dalla legge.. .. ..", danneggiando
 ovviamente altri poveri cristi.. .. ..
    Gli resta, cioe', in mano una carta.. .. ..  di  credito,  un  bel
 pugno di mosche.. .. ..
    Questa  e'  sicuramente  un'ingiustizia ai sensi di.. .. .. legge³
 Un'ingiustizia che lede principi di valenza costituzionale tra i piu'
 fondamentali dell'uomo  e  del  civis:  la  certezza  dei  diritti  e
 l'uguaglianza e si da' diritto di cittadinanza "alla violanza".
    Anche  se  la  disposizione  puo'  essere  motivata da particolari
 ragioni sociali (in Sicilia si sta giustificando  tutto  per  la  sua
 "particolarita'"³),  di  opportunita'  anche  per  motivi  di  ordine
 pubblico (o per impotenza delle istituzioni?), attesa la  difficolta'
 di  "sloggiare"  gli  occupanti abusivi e di poter offrire loro (come
 dovuto, in fondo) un nuovo, umano ricetto. Ma queste  ragioni,  anche
 se  apprezzabili, non possono giustificare un provvedimento di legge,
 che urta contro i piu' elementari diritti del cittadino e contro ogni
 senso giuridico (e morale) nonche' contro il senso comune ed il  buon
 senso di manzoniana memoria.
    "Prima  che  il  gallo  canti" di Cesare Pavese e "Ultimo venne il
 corvo" di Italo Calvino ci da'nno modo  di  introdurre  un  ulteriore
 motivo di gravame, in rito; l'ultimo.
    E cio' invertendo quello che e' il norma ordine di esposizione nei
 ricorsi.
    Si  solleva,  in  rito,  l'eccezione  di tardiva "comunicazione" e
 percio' di tardivita' dell'impugnato d.d.l.
    Tale comunicazione e' difatti avvenuta il 6 maggio 1991, (dopo  le
 14),  che  e'  il  quarto (4º) giorno dall'approvazione del d.d.l. da
 parte dell'a.r.s.; addirittura il quinto giorno se si fa  riferimento
 al   verbale   dell'ultima   seduta   dell'assemblea   regionale  (la
 trecentosettantesima seduta), che porta la data del 1º maggio,  anche
 se  la stessa si e' chiusa alle ore 8,45 del 2 successivo, dopo oltre
 ventitre' ore di ininterrotti lavori assembleari. Si precisa peraltro
 che il d.d.l. in  questione  e'  stato  approvato  nell'ultima  parte
 dell'ultima  seduta  legislativa,  nelle  prime  ore del 2 maggio. Si
 precisa  altresi'  che  il   giorno   precedente   a   quello   della
 comunicazione era festivo (domenica, 5 maggio).
    Gia'  con  altro  ricorso  commissariale  (notificato il 12 aprile
 1990), lo scrivente aveva sollevato dinnanzi a codesta  ecc.ma  Corte
 identica  eccezione  procedurale e codesta ecc.ma Corte, con sentenza
 n. 365 dell'11-24 luglio 1990, l'ha respinta, insegnando che il  modo
 di  procedere  censurato,  e  ora denunciato "l'altra conseguenza non
 produce se non che il termine di cinque giorni  dato  al  commissario
 dello  Stato  per  la  impugnazione  della  legge  regionale  decorre
 dall'ultimo giorno dell'effettivo invio della legge stessa".
    Cio'  vuol  dire che i giorni in questione (art. 29/2º) potrebbero
 essere anche "nove"; oppure di piu' nel caso di piu'  giorni  festivi
 consecutivi (e per quello che si dira' anche piu' appresso).
    In concreto, difatti, seguendo l'impostazione gia' data da codesta
 ecc.ma Corte, potrebbe verificarsi quanto segue, con le conseguenze..
 .. .. conseguenti:
      1º) la regione "comunica" il d.d.l. il quarto giorno, essendo il
 terzo festivo;
      2º)  il  presidente  della  regione,  avvalendosi  del  disposto
 dell'art. 29/2º dello statuto, promulga e pubblica il d.d.l. nel nono
 giorno, non avendo  ricevuto  "entro  gli  otto  giorni"  (e  percio'
 "scorsi otto giorni"), comunicazione d'impugnativa;
      3º)  il  commissario  dello  Stato,  nel suo quinto giorno utile
 (che, secondo l'interpretazione di codesta ecc.ma Corte,  puo'  anche
 benissimo essere il nono), impugna il d.d.l. e notifica il ricorso (a
 legge  gia'  pubblicata³).  E,  sul  punto,  si veda, inoltre, qui di
 seguito.
    Cio'  con  tutto  il..  ..  ..  guazzabuglio  che  ne  deriva.  E'
 possibile,  e'  corretto  cio'?  Contro  tale  tesi  si  e'  espressa
 autorevole dottrina e l'Avvocatura generale dello Stato perche' si va
 (si andrebbe) contro la lettera ed il chiaro volere del  legislatore,
 su cui peraltro non mette conto qui ulteriormente approfondire.
    Lo   scrivente  prega  pertanto  codesta  ecc.ma  Corte  di  voler
 ritornare, per  un  maggiore  approfondimento,  sulla  questione  dal
 momento  che,  altrimenti,  non  si  potrebbe attribuire una valida e
 costruttiva  intepretazione  e  senso  logico  alla  norma  contenuta
 nell'art.   29/2º  dello  statuto  regionale  siciliano,  laddove  e'
 esplicitamente precisato  che  "decorsi  otto  giorni  senza  che  al
 presidente  regionale sia pervenuta copia della impugnazione ovvero..
 .. .." (cio' anche in relazione a  quanto  disposto  dall'art.  13/2º
 dello statuto).
    Ora, gli otto giorni, il computo - meglio - degli otto giorni, cui
 fa  riferimento il costituente e' dato dalla somma dei tre (3) giorni
 previsti dallo statuto (art. 28), entro i quali deve essere fatta  la
 "comunicazione"  dei  dd.dd.ll.,  approvati dall'a.r.s.; e dei cinque
 (5) giorni entro i quali il commissario dello Stato  per  la  regione
 siciliana  deve  notificare il gravame alla regione; e cosi' anche se
 il primo o l'ultimo ovvero uno qualsiasi  dei  giorni  intermedi  sia
 festivo:  i giorni sarebbero, cioe', tutti uguali, festivi e feriali,
 al fine del computo degli otto giorni in questione.
    Una interpretazione che segua il filo del ragionamento  svolto  da
 codesta   ecc.ma   Corte,   nella   decisione   citata,   non   pare,
 verosimilmente e sommessamente,  conducente  e  non  giustificherebbe
 appieno  e compiutamente la norma statutaria, che sembra di lapidaria
 chiarezza.
    Esula, pertanto e peraltro, da questa  esposizione  e  motivazione
 l'esame di altre eventuali ragioni per cui il legislatore costituente
 ha  stabilito  in  otto giorni il termine dopo il quale il presidente
 della regione puo' promulgare e pubblicare le leggi regionali; e cio'
 dal momento che in claris non fit interpretatio, come recita un  noto
 brocardo  latino,  ancora  attuale. La lettera (anzi il numero) dello
 statuto e', sul punto, estremamente  chiara  (chiaro)  ed  altro  non
 serve  ne'  per  avvalorare  la  tesi,  che  si ostina lo scrivente a
 riproporre, ne' smentirla e confutarla.
    A  codesta ecc.ma Corte comunque il compito di dire, dall'alto del
 suo magistero e scranno, l'ultima, definitiva parola  chiarificatrice
 al riguardo per dare un taglio netto (un "cesareo") ad incertezza che
 si protaggono da e per parecchi lustri.
    E  se  lo  stesso  modo  di  computare  il  tempo e di considerare
 l'ultimo  giorno  festivo  -  come  si  opina  per   uniformita'   di
 interpretazione  - va applicato pure al termine di cinque (5) giorni,
 assegnato  per  l'impugnativa  costituzionale  al  commissario  dello
 Stato,  il  tempo  (termine)  complessivo,  che dovrebbe precedere la
 promulgazione e la pubblicazione di una legge regionale, si  potrebbe
 protrarre anche fino a dieci giorni (4+6).
    Ma cio' e' razionalmente e logicamente possibile?
    Che tipo di termine, allora, e' quello di cui all'art. 29/2º dello
 statuto?